Questa è la storia di Claudia che combatte la battaglia con il marito tra endometriosi e azoospermia.
La Storia di PMA di Claudia
La nostra storia comincia a marzo 2017 con la mia diagnosi: endometriosi.
Soffrivo da mesi di dolori addominali, soprattutto durante i nostri rapporti più intimi, inutile descrivere come è cambiata la nostra relazione quando ho cominciato a soffrire di dispareunia.
Per me fare l’amore era diventato un incubo e nella mia testa c’era solo quella diagnosi, conoscevo bene la malattia per motivi professionali e sapevo bene cosa mi sarebbe aspettato.
Ero stata single per quattro anni poi è arrivato un uomo bellissimo, le nostre anime si sono riconosciute subito, era come se ci conoscessimo da sempre, un colpo di fulmine…tutto aveva cominciato a girare intorno al nostro amore.
Sono stata operata a marzo 2017 e stavamo insieme da un anno esatto, ci amavamo molto ma non eravamo pronti per un figlio, in quel momento dovevamo mettere a posto molte cose tra cui la sua stabilità lavorativa.
Subito dopo l’intervento i medici cominciano ad insistere per provare a cercare una gravidanza e li comincia il calvario, io lo sapevo, me lo sentivo che sarebbe stata dura.
Quanti pianti ho fatto perché mi sentivo desiderosa da un lato ma frenata dall’altro, con lui non potevo insistere, non potevo.
A inizio 2018 cominciamo a provarci naturalmente, ci siamo dati un anno di tempo data la mia malattia ma nulla… eppure ovulavo, eppure gli stick funzionavano, eppure la mia santa ginecologa diceva che ce l’avrei potuta fare…li lui comincia a soffrire di prostatite, febbre alta ogni 40 giorni intervallata da cicli di antibiotici potentissimi fino a che ci consigliano di controllare la sua fertilità per valutare se le infezioni avessero inficiato la quantità degli spermatozoi.
Ebbene un’altra atroce diagnosi stava minando la nostra “missione”: azoospermia. Niente spermatozoi.
Lui comincia a soffrire, io dovevo stargli vicino, con me lui era stato una roccia.
Non potevo cedere, davanti a lui facevo la forte, la notte mi svegliavo per piangere nel divano perché non mi sentisse.
Ero distrutta, disperata, lui come me…
Io ero frenata sessualmente mentre lui non si sentiva uomo, un disastro.
Non capivo perché proprio a noi, e se devo essere sincera ancora me lo chiedo.
Dopo milioni di visite e consulenze a luglio dell’anno scorso doso il mio AMH, anche quello un disastro, valore sotto l’ uno.
Noi non potevamo avere figli naturalmente, ci chiedevamo cosa poter rispondere a tutti i nostri amici e familiari quando ci facevano la fatidica domanda.
Io non ne ho parlato con nessuno, giravo intorno alle domande con finte risposte, lui stessa cosa.
A casa piangevamo disperati perché non è come ci aspettavamo che fosse, siamo malati ci dicevamo, abbiamo dei problemi.
Intanto il nostro sentirci inadeguati stava incrinando il nostro rapporto, eravamo nervosi l’uno con l’altro e inconsciamente credo che ci incolpassimo a vicenda.
Ricordo le parole della mia ginecologa “ognuno fa quello che può”, era vero, è vero.
Troppe volte ci siamo guardati e chiesti se ancora desiderassimo un figlio insieme.
Lo shock per noi era stato troppo.
Ora a distanza di un anno capisco che due cose ci hanno salvati, l’amore e la speranza.
Per noi la PMA è stata la luce in fondo al tunnel.
Siamo riusciti a cominciare il nostro percorso di PMA a luglio 2019: la mia prima terapia di stimolazione interrotta, cambio terapia e al pick-up i follicoli sono vuoti, anche qui dovrei aprire un capitolo indescrivibile sul mio dolore.
La terza stimolazione con Gonal F mi regala quattro begli ovociti fecondabili e in contemporanea lui esegue la TESE (biopsia testicolare per il recupero di spermatozoi), anche la sua TESE va bene, stavamo vivendo un sogno, in quel momento tutto è diventato luce.
Era il 2 novembre quel giorno, si celebrano i morti, entrambi siamo molto devoti ai nostri nonni defunti, che bel regalo ci avevano fatto!
A casa tutto aveva una luce diversa, il mondo mi sorrideva, misi delle rose nel tavolo a simboleggiare la mia gioia.
Quella stessa notte sognai una torta di compleanno, nella torta c’era però una candelina con il numero “zero”. E così fu: i 2 zigoti impiantati non ce l’hanno fatta, uno portato a blastocisti stessa cosa e l’altro ovocita non fu inseminato.
La quarta stimolazione ha prodotto tre ovociti non fecondabili.
Ora siamo a questo punto, sofferenti ma con la voglia di riprovarci e sicuramente consapevoli che la vita è un dono bellissimo.
Sono stati tre anni molto duri, possiamo dire di aver allenato bene la nostra resilienza, imparando ad accettare ciò che non possiamo cambiare.
Voglio dire a tutti coloro che stanno affrontando questo percorso che l’amore e la tenacia ci salveranno.
Ognuno di noi ha il proprio percorso, l’unica cosa difficile è trovare la strada per realizzare i nostri sogni d’amore.
Dobbiamo farcela, è la nostra sfida e come dice il nostro andrologo “chi la dura la vince!”.