Mi chiamo Lucia Maroni, ho 39 anni e vivo a Milano.
Non ho mai creduto nella “famiglia ideale”, ma quando ho conosciuto il mio compagno avevamo entrambi in mente che ci avremmo provato a costruire una famiglia, magari non “ideale”, ma comunque “famiglia”.
Ci siamo conosciuti già abbastanza adulti, quando probabilmente nel nostro patrimonio genetico la fertilità iniziava a venire un po’ meno, almeno secondo la scienza!
Poco prima di sposarci, ci hanno detto che non avremmo potuto avere figli in modo naturale.
Era una verità a cui non eravamo preparati e che non avevamo mai considerato.
Non ci siamo persi d’animo e abbiamo iniziato un percorso lunghissimo di esami che ci ha portati ad un primo tentativo di procreazione assistita.
Un mondo nuovo, tutto da scoprire, un mondo di cui si parla pochissimo. Eppure le persone in lista d’attesa sono centinaia, nelle sale d’aspetto ho conosciuto decine di donne arrivate da tutta Italia per farsi curare a Milano.
Storie raccontate tra una visita e l’altra, con mezze parole, perché c’è molto “non detto” su questo argomento, molta vergogna e molto senso di colpa.
Io ho sempre condiviso il mio percorso con chiunque. Insomma, già è faticoso, se bisogna pure farlo in silenzio è davvero troppo!
Il primo tentativo ha un esito pessimo, dopo settimane di terapie e un pick-up non arrivo nemmeno al transfer perché non ho prodotto ovociti “buoni”.
Stesso risultato per il secondo tentativo.
Ci consegnano un bel foglio con scritto “consigliamo l’adozione o la fecondazione eterologa”.
Un’altra verità a cui non eravamo preparati.
Siccome per legge ci spettava un terzo tentativo, decidiamo di darci comunque questa possibilità, ma cambiando ospedale.
A questo punto sono passati quasi 20 mesi e un elenco interminabile di esami e visite.
Ci diciamo che faremo l’ultimo tentativo, partendo da un dato statistico di buona riuscita del 5%.
Io rispondo meglio alle terapie e questa volta si fecondano 2 ovociti su 4. Li trasferiamo entrambi.
Dopo nove mesi nasce Pietro, il nostro piccolo “stagionato”, desiderato e cercato a lungo.
La PMA è un percorso lungo, che ti insegna l’attesa e la pazienza. Ma soprattutto ti insegna che tutto è possibile e per quanto si tratti di “scienza”, c’è comunque una componente di … fortuna? caso? O semplicemente di “vita” che fa saltare qualsiasi schema scientifico e calcolo statistico.
Mi sono chiesta a lungo come raccontare a Pietro la sua storia.
A lui, ma anche a tutti i bambini “nati al microscopio” come lui. Mi sono chiesta come aiutare le famiglie a parlarne, con naturalezza, sincerità e rispetto.
Così ho scelto le parole migliori che ho potuto e ho chiesto ad un’illustratrice, Anna Formilan, di dar loro forma e colore.

Ne è nato un albo illustrato, “Storia di un bambino al microscopio”, dove in una dimensione onirica, immersa tra cellule al microscopio che si fondono con le stelle, una piccola “scintilla di desiderio” diventa un “bambino vero”.
Per dovere di cronaca, ora Pietro ha 18 mesi e io sono incinta di nuovo. In modo naturale, senza nessun intervento “esterno” di nessun tipo.
Ognuno ha la sua storia, ma la vita davvero a volte sorprende e si fa spazio dove meno te lo aspetti!
Storia di un bambino al microscopio
Testo di Lucia Maroni/Illustrazioni di Anna Formilan/Publistampa edizioni
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